SIMONE BONINSEGNA – BARBARA BORGHI – FABRIZIO LORENZIN
Uscire di casa una fredda mattina di febbraio. Ci aspetta una giornata decisamente diversa dal solito: lontano dall’ufficio, lontano dai cantieri, lontano dalle pratiche ingegneristiche più vicine all’immaginario comune. Oggi lasciamo la camicia nell’armadio e apriamo il cassetto delle felpe, quelle pesanti con il cappuccio, perché fa freddo a stare accovacciati sull’erba bagnata per ispezionare gli appoggi dei ponti che attraversano i fiumi della Pianura Padana. Eppure, che soddisfazione.
Diversi sono i fattori che incidono sullo stato di sicurezza del nostro patrimonio infrastrutturale, diversi sono gli interventi che oggi vengono richiesti per fare in modo che questo patrimonio possa continuare a essere messo a disposizione dei cittadini, nel pieno rispetto delle normative.
E quindi che soddisfazione “fare l’ingegnere” e mettere a disposizione esperienza e competenze perché in Italia possano esserci non solo nuove grandi infrastrutture, ma anche antichi viadotti, attraversamenti ferroviari, ponti storici completamente sicuri e fruibili.
Occuparsi di verificare la vulnerabilità sismica dei ponti significa non solo effettuare un lavoro di diagnosi delle opere esistenti – similmente a quanto accade in ambito medico – ma anche imbattersi in una varietà di modalità costruttive, materiali e tempi di realizzazione. Nel nostro Paese capita, infatti, di ispezionare molto più spesso ponti costruiti nei primi anni del ‘900 o nel secondo dopoguerra, piuttosto che in tempi più recenti.
Il lavoro di chi è chiamato ad analizzare e verificare questo genere di opere ingegneristiche inizia dai progetti originari.
Si tratta di documenti molto preziosi, interessanti, storicamente importanti, ma da verificare con attenzione. Che cosa vuol dire? Significa destreggiarsi tra vecchie “carte” – disegni e relazioni- talvolta del tutto superate, accertarsi della rispondenza tra quanto dichiarato e quanto si trova sul campo, verificare ogni singolo spessore attraverso specifici rilievi.
Ma una volta che se ne è riscontrata la correttezza, queste “vecchie carte” si trasformano in alleati fondamentali grazie ai quali diventa possibile ricostruire dettagli altrimenti non ispezionabili.
Ogni verifica di vulnerabilità sul campo richiede un’attenta attività preliminare: rilievi, indagini, prove di carico, prove di laboratorio su campioni prelevati in sito e taratura del modello.
I rilievi – che possono essere eseguiti attraverso diverse modalità – vengono effettuati con l’obiettivo di confermare – o rilevare ex novo – le geometrie a livello “macro” (prospetti, sezioni e piante) di ciascuna opera. Oltre alla ricostruzione geometrica di ogni manufatto, alcune tecniche di rilievo, come la ricostruzione aerofotogrammetrica, permettono di ottenere lo stato di fatto dei luoghi in modo da riuscire a vedere fin da subito lo stato di degrado e dei difetti che i ponti presentano e di arrivare ai sopralluoghi con una maggiore preparazione in merito. Grazie alle indagini geosismiche è possibile, invece, caratterizzare il comportamento in termini di risposta sismica dello specifico sottosuolo per determinare l’accelerazione attesa e valutare eventuali effetti di amplificazione dovuti alla rigidezza e composizione dei terreni. Il georadar consente invece di rilevare ciò che delle sottostrutture non è visionabile dall’esterno (si pensi alle strutture contro-terra o addirittura interrate, come spalle e fondazioni). Inoltre, sono previste indagini per analizzare i materiali strutturali, verificare gli spessori delle lamiere piuttosto che la sezione residua delle armature,
lo stato di corrosione dei metalli ed in generale le caratteristiche meccaniche dei materiali da costruzione in termini di resistenza e rigidezza. In parallelo si eseguono prove statiche e dinamiche di carico, che nel caso dei ponti ferroviari implicano l’uso dei locomotori. Attraverso questo genere di attività si misurano le frecce della struttura sotto carico, la deformazione e le tensioni all’interno delle fibre delle lamiere, il comportamento allo scarico e le amplificazioni dinamiche in caso di transito del locomotore di prova a diverse velocità. In altre parole, grazie alle prove di carico si possono determinare le frequenze di vibrazione dell’impalcato e il suo reale comportamento sotto carico.
Si tratta di prove che presuppongono una vera e propria progettazione della prova stessa, volta a determinare dove debbano essere posizionati esattamente locomotori e sensoristica, e che permettono di valutare la sollecitazione reale a cui ogni elemento instrumentato è sottoposto in modo da valutare la bontà dei risultati del modello di calcolo teorico, che punta invece ad indagare il campo di lavoro “limite”, per il quale l’opera reale non può ovviamente essere testata.
A partire dalle informazioni che derivano dalle prove di carico viene quindi tarato il modello di calcolo, grazie al quale è possibile appunto realizzare ulteriori simulazioni e verifiche su impalcato e sottostrutture e avviare la vera e propria verifica di vulnerabilità.
Le verifiche di vulnerabilità prevedono l’implementazione sul modello di parametri fisici oggettivi (geometria, masse, rigidezze, materiali e carichi) ma anche prestazionali, che vengono in parte definiti con la committenza e che includono i parametri dell’opera, i coefficienti di sicurezza sulle azioni e il coefficiente PSI2, che determina la massa dovuta ai carichi variabili da considerare durante l’azione sismica. A questi si aggiunge il coefficiente di sicurezza sui materiali, che varia in base al livello di conoscenza che si ritiene di aver raggiunto con le indagini, le visite ispettive e la documentazione storica a disposizione. Le verifiche di vulnerabilità statica, nel caso dei ponti, comprendono anche il coefficiente di amplificazione dinamica,
che varia in funzione della velocità dei mezzi che attraversano il ponte, della lunghezza dell’impalcato e della prima frequenza flessionale dell’impalcato. Spesso nel caso di opere esistenti vengono richieste ulteriori indagini con l’obiettivo di stabilire a quale velocità massima i convogli possano percorrere in sicurezza le opere al centro delle verifiche. A volte tali limitazioni non sono efficaci o perché le caratteristiche dell’opera comportano variazioni minime dei coefficienti dinamici in funzione della velocità o perché l’opera in sé è giunta al termine della sua vita utile: in questi casi risulta importante definire tempi e modalità di rinforzo, poiché la criticità risulta intrinseca all’opera ed indipendente dalle modalità di carico.
Le attività di verifica della vulnerabilità vengono integrate con le indagini visive e ispettive condotte secondo il sistema mutuato DOMUS di RFI, che permette di esprimere un giudizio sullo stato di conservazione delle opere secondo una metodologia codificata. Tale metodo prende in considerazione l’anagrafica del manufatto con catalogazione per tipologia, la definizione degli elementi strutturali fondamentali in base alla tipologia del ponte, il catalogo dei difetti di ogni specifico materiale e l’algoritmo di valutazione dello stato delle opere, che consente di calcolare l’indice di difettosità dell’infrastruttura stessa.
Questo metodo – oltre a permette di suddividere ogni opera in sottogruppi: sottostrutture (pile e spalle), impalcato, elementi della sovrastruttura, meccanismi di collegamento (giunti e appoggi) – categorizza i difetti dandone definizione e modalità ispettiva, ovvero indicazioni condivise su come cercare ogni difetto durante l’ispezione, come valutarlo e con quali strumenti, riportando parallelamente anche un coefficiente di importanza del difetto su una scala da 1 a 4. Per ogni difetto se ne valuta anche l’intensità e l’estensione tramite l’uso di appositi coefficienti (K2 e K3). Seguendo il metodo DOMUS, è possibile elaborare apposite schede di valutazione nelle quali riportare ulteriori informazioni utili alle attività ispettive:
le parti delle opere che vengono ispezionate, i difetti riscontrati specificandone nome, descrizione e coefficiente di importanza, le indicazioni degli elementi necessari per identificare facilmente la posizione esatta in cui è stato riscontrato il difetto, oltre chiaramente agli indicatori previsti da DOMUS e alla documentazione fotografica.
Al termine delle indagini si redige il verbale delle verifiche e delle prove sui ponti che, a partire dalla suddivisione dell’opera in sottogruppi, spiega i singoli difetti rilevati e il relativo giudizio da parte di coloro che hanno effettuato la valutazione.
Infine, è prevista la compilazione di una scheda di sintesi secondo il modello della Protezione Civile che, oltre ad includere un’anagrafica più dettagliata, richiede la verifica dell’area territoriale in cui il ponte è inserito, con la possibilità di indicare la presenza di eventuali zone soggette a frane o alluvioni e la ricostruzione degli eventi più drammatici che il ponte può aver subito (es. crolli, incendi, eventi bellici, riparazioni, etc.).
Si tratta di interventi fondamentali per garantire la sicurezza e l’efficienza funzionale del nostro patrimonio infrastrutturale e assicurarsi che questo patrimonio possa continuare ad essere fruito nel rispetto delle normative.
Simone Boninsegna – Nato a Merano (BZ), dopo la laurea quinquennale vecchio ordinamento in Ingegneria Edile all’università di Padova con una tesi sull’edilizia bioclimatica, è consulente libero professionista nel campo dell’ingegneria strutturale, collaborando con diverse società di ingegneria del triveneto su progetti in ambito edile e civile. In NET Engineering dal 2014, si è occupato come specialista strutturale e project manager di progetti di edifici e ponti, siti principalmente in Germania.
Barbara Borghi – Dopo la laurea triennale in Ingegneria Civile all’università di Bologna, consegue la Laurea specialistica in Civil Engineer con specializzazione strutture all’università di Bologna con una tesi sperimentale sull’isolamento termico degli edifici in collaborazione con l’università di Rosenheim. In NET Engineering dal 2017, si occupa di progettazione e verifiche di vulnerabilità di ponti stradali e ferroviari.
Fabrizio Lorenzin – Diplomato geometra, dal 1992 lavora in NET Engineering nell’area Trasporti e Infrastrutture occupandosi di cartografia ed espropri. Esegue sopralluoghi e rilievi a supporto della progettazione con strumenti topografici utilizzando la metodologia GPS. Appassionato di musica ha conseguito il diploma di professore di pianoforte presso il Conservatorio di Rovigo.