STEFANO BRINCHI – PETRA PIFFER
In che modo le città italiane stanno agendo al fine di impattare sempre meno sul clima e accrescere la propria sostenibilità? Quali sono le azioni introdotte dalle amministrazioni a favore dello European Green Deal, voluto dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen?
La mobilità pubblica è certamente uno dei fattori urbani che ricoprono un ruolo centrale in questo processo. FLOWS ha avviato un confronto su questi temi con Stefano Brinchi, Presidente e Amministratore Delegato di Roma Servizi per la Mobilità, e Petra Piffer, General Manager di SASA.
Nel PNRR si legge che la pandemia di Covid-19 ha reso più evidente “la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale”. Già nel dicembre 2019, infatti, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, aveva presentato lo European Green Deal con l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. In che modo, dunque, il PNRR potrebbe contribuire ad accrescere in Italia gli investimenti nei confronti della mobilità sostenibile e in particolare dell’idrogeno?
Petra Piffer – Il PNRR definisce già in modo chiaro le aree di intervento su cui lavorare per incidere sulla sostenibilità. È un piano di ripresa e resilienza e, nel 2022, tutto quello che è sostenibile deve essere resiliente. Tra i punti esplicitati, esiste quello sull’energia rinnovabile, che comprende l’idrogeno, la rete e la mobilità sostenibile. In questo contesto, ci viene chiesto di essere coraggiosi.
L’invito è quello di guardare lontano, pur consapevoli delle problematiche presenti a livello italiano come la creazione di un nuovo parco mezzi e le infrastrutture non adatte. Per fare questo, sarebbe utile sostenere i progetti che consentono la ripartenza e soprattutto, la sostenibilità sul lungo periodo. Un ruolo importante lo gioca l’aspetto infrastrutturale legato alle nuove tecnologie.
Ci sarebbero da fare delle scelte su quale tecnologia adottare, pensando all’insieme con un unico sistema. Gli investimenti da parte del Governo, andrebbero portati quindi, sia sull’acquisto di nuovi autobus sia sulle infrastrutture, perché dipendono l’uno dall’altro.
Stefano Brinchi – L’obiettivo della Presidente non può che essere condiviso, tra l’altro l’associazione europea Polis, di cui Roma Servizi per la Mobilità è socia, sta lavorando per rendere 100 città climaticamente neutrali già nel 2030. Personalmente credo che l’inversione che il Ministero, ora MIMS, ha avuto al tempo dell’avvio del PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) abbia cambiato radicalmente l’approccio ai finanziamenti e ora con il PNRR si conferma ulteriormente questa tendenza. Io credo che comunque il ruolo centrale rimane in mano alle amministrazioni locali. Il coraggio richiamato dalla collega deve essere messo in atto da chi amministra senza pensare alle conseguenze politiche delle scelte. La maggior parte dei cittadini non sarà inizialmente contento nel vedere avviato un intervento a favore della mobilità sostenibile, perché non può apprezzare nell’immediato l’utilità. Per fare spazio ad una pista ciclabile, ad un tram, ad una stazione della metropolitana, occorre eliminare spazi a disposizione del mezzo privato. Questo non porta consenso, ma non può prevedere compromessi, soprattutto ora che i fondi sono realmente disponibili. Il processo di partecipazione, obbligatorio e essenziale, può aiutare, ma senza perdere di vista l’obiettivo di politica della mobilità finale. Il PNRR, quindi, sicuramente porterà dei grandi benefici alla mobilità sostenibile, occorre tuttavia mettere in campo anche delle politiche di mobilità che regolino l’uso dei mezzi individuali, in particolare quelli a motore termico. In tema di flotte invece non ci sono dubbi. Il rinnovo verso l’elettrico è avviato. Occorre essere lungimiranti ed esperti e non limitarsi solo alle alternative che oggi si ritengono consolidate, occorre guardare avanti e scegliere il sistema di alimentazione del motore elettrico che risponda meglio alle esigenze del territorio.
Quali sono o potrebbero essere i vantaggi dell’uso di autobus ad idrogeno per la mobilità cittadina all’interno di aree urbane importanti e allo stesso tempo tra loro diverse, come Bolzano e Roma?
SB – L’obiettivo primario delle amministrazioni deve essere quello di avere città climaticamente neutrali. Molte città europee si sono poste questo obiettivo già al 2030, noi purtroppo siamo ancora troppo distanti. È tuttavia importante lavorare seriamente affinché vengano poste le bassi perché ciò avvenga. Non può essere ricondotto tutto al settore della mobilità, ma sicuramente svolge un ruolo rilevante nel computo finale delle emissioni inquinanti in atmosfera. A mio avviso Roma, come Bolzano, deve invertire la rotta e lavorare per ottenere una mobilità completamente green sia in termini di scelta del mezzo per effettuare lo spostamento sia in termini di motorizzazione dei mezzi, con particolare riferimento al trasporto pubblico.
Sul primo punto occorre proseguire con convinzione e determinazione dell’attuazione del PUMS adottato nel 2019 e in fase di approvazione definitiva. Sul secondo punto io credo che gli autobus elettrici alimentati ad idrogeno debbano essere inseriti all’interno del parco veicolare delle aziende di trasporto. Roma Capitale è la città con il numero maggiore di km di servizio di superficie programmato, oltre 130mln di km/anno con un numero di mezzi previsti in uscita pari a circa 2.000. La motorizzazione green dei mezzi del TPL diventa elemento indispensabile anche per essere poi credibili nelle politiche di mobilità di limitazione ai mezzi di trasporto privati a motore, una sorta di “buon esempio” che l’amministrazione deve dare. Tra i mezzi di trasporto green quello che mi appassiona di più è sicuramente il bus ad idrogeno, poi l’autobus con il supercondensatore, che stiamo sperimentando in questi mesi a Roma, e infine quello a batterie, di gran lunga il più diffuso e più consolidato.
Non sono convinto che sia necessario sposare una sola delle tre differenti alimentazioni del motore elettrico, sono infatti molto propenso ad avere un parco veicolare che le contempli tutte e nelle giuste proporzioni, dipendenti anche dal luogo in cui il bus esercita il servizio. L’impiego del mezzo a idrogeno lo vedrei molto bene per le parti centrali della città, ha un peso inferiore a quello con batteria e può offrire maggiore capacità di trasporto, gli spazi nei depositi centrali sono più limitati e quindi devono essere ottimizzati, cosa non compatibile con le ricariche notturne. Infine, evitano l’installazione delle colonnine di ricarica da pantografo nella zona centrale della città, come servirebbe per i bus con supercondensatori.
L’impiego del mezzo con supercondensatori lo troverei molto conveniente nelle zone subito a ridosso del centro città, ancora nella città consolidata dove le lunghezze delle linee non siano superiori a 12/15Km per direzione. I Capolinea esterni possono essere dotati di colonnina di ricarica e offrono ancora massima capacità perché il peso del supercondensatore è notevolmente inferiore a quello del pacco batteria.
Infine, con il mezzo a batteria che impiegherei nella parte più esterna della città, dove le frequentazioni sono inferiori e concentrate prevalentemente nelle ore di punta, anche gli spazi a disposizione dei depositi sono più generosi e tali da prevedere una organizzazione adeguata dei punti di ricarica.
Non faccio quindi una distinzione legata alla dimensione della città piuttosto in relazione alla domanda di mobilità che deve essere servita ed agli spazi per la gestione dei rifornimenti/ricarica.
PP – Roma e Bolzano non sono poi così diverse, perché come molte altre città italiane, sono città storiche. In questo contesto, il grande vantaggio dell’autobus a idrogeno è che non richiede infrastrutture sul percorso e non è legato a percorsi forzati. Questo, permette di avere una stazione di rifornimento in
deposito e di gestire il parco mezzi esattamente come quelli che utilizzano tecnologie convenzionali. L’elettrico, invece, richiede ad oggi rifornimenti sulla linea e un numero più alto di mezzi per coprire in modo efficace il raggio di percorso, quindi l’autobus a idrogeno è una soluzione più flessibile.
Mobilità ad idrogeno è sinonimo di mobilità sostenibile. Perché questo binomio sia vincente è necessario che l’idrogeno utilizzato sia verde e provenga da fonti rinnovabili. Quali strategie potrebbero facilitare la produzione e l’utilizzo dell’idrogeno verde per la mobilità in ambito urbano e in quali modalità?
PP – Le soluzioni possono essere molte, sull’idrogeno in particolare.
La cosa importante è mantenere un approccio coerente e capire il valore del sistema in quanto tale. Oggi, quando si parla di idrogeno, si pensa all’idrogeno verde ottenuto da fonti rinnovabili o ancora meglio, da quella quota di energia ottenuta dalla sovraproduzione di altre fonti energetiche, come ad esempio quella elettrica o fotovoltaica, che se non incamerata nella produzione di idrogeno, andrebbe persa. Per ottenere la situazione perfetta, quindi gas verde ottenuto da fonti rinnovabili, è necessario pensare alle fonti in un’ottica di utilizzo e ri-utilizzo accettabile in termini di sostenibilità.
Da un lato, progetti e soluzioni intermedi permetterebbero di creare l’infrastruttura che potrà essere utilizzata per l’idrogeno verde, dall’altro c’è l’idrogeno in quanto tale. In questo sistema, bisogna tener conto delle economie locali circolari e degli studi che stanno emergendo sulle Microgrid,
dove in piccolo, si studia proprio questo sistema che spinge verso l’autonomia e la riduzione del consumo energetico. Adottare questo approccio è fondamentale anche per un grande operatore come noi: abbiamo la responsabilità di ridurre i nostri consumi, consapevoli che la richiesta energetica è in costante aumento.
Per farlo, dobbiamo partire chiedendoci cosa possiamo fare di concreto per ridurre al minimo il nostro fabbisogno, integrando i sistemi di fornitura con i sistemi di produzione. È un processo molto complesso e ci fa capire che non esiste una soluzione unica. L’idrogeno è il futuro, però, come ogni soluzione, richiede una riflessione approfondita sul sistema, sul contesto, su cosa si può fare per autoprodurre energia e dove ci si può rifornire da fonti energetiche pulite.
Per arrivare a questa situazione ottimale, che tutti vogliamo, dobbiamo trovare soluzioni intermedie che ci permettano di raggiungere il nostro obiettivo.
SB – Concordo con Petra Piffer quando mette a sistema produzione e distribuzione. L’idrogeno sconta una differente maturità rispetto alla corrente elettrica per la ricarica di una batteria. Per poter avviare in maniera diffusa e sistematica l’utilizzo dell’idrogeno dobbiamo proporre delle soluzioni “chiavi in mano” alle amministrazioni e alle aziende di trasporto. Occorre proporre progetti che prevedano la produzione di energia certificata green che poi viene utilizzata per la produzione dell’idrogeno. La certificazione green è la garanzia che il processo è sano e mi porta ad avere carburante per il parco bus effettivamente “pulito” dall’inizio alla fine. In ambito urbano vedo come unica possibilità l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici e di spazi a disposizioni delle aziende di trasporto pubblico possono essere molteplici, basti pensare alle coperture dei capolinea, alle coperture dei parcheggi di scambio, ai tetti dei depositi e delle officine.
La produzione dell’energia pulita può anche essere diffusa, l’importante è la certificazione dell’utilizzo della stessa nella produzione dell’idrogeno.
La convenienza nell’adottare questo modello è già oggi dimostrabile nel confronto con un bus termico a gasolio e lo sarà ancora di più nel momento in cui anche i costi di acquisto dei mezzi a idrogeno saranno paragonabili a quelli a batteria.
Il confronto tra l’alimentazione a batteria e quella a idrogeno (green) vede ancora maggiore convenienza nell’impiego del primo, ma non tenendo in debito conto tempi e costi di rifornimenti più lunghi, maggiori spazi necessari e problemi di “biberonaggio” nel corso dell’impiego giornaliero del mezzo. La differenza verrà definitivamente eliminata nel 2030, quando si stima che anche l’idrogeno green costerà 5euro/kg, contro gli 11 di oggi.
Stefano Brinchi – è Ingegnere dei trasporti. Dopo un’esperienza decennale all’interno di società di ingegneria e di trasporto, nel 2010 entra in Roma Servizi per la Mobilità, di cui è attualmente Presidente e Amministratore Delegato. Collabora da oltre 15 anni con le tre principali università romane per lo sviluppo e l’innovazione dei sistemi di supporto alle decisioni ed algoritmi per la pianificazione della mobilità.
Petra Piffer – è laureata in giurisprudenza, la sua esperienza professionale matura nel campo delle risorse umane lavorando in piccole aziende fino alle multinazionali e istituzioni governative. Dal 2014 ricopre il ruolo di General Manager presso SASA.