ROBERTO ZANON
Le opere d’arte ed in particolare quelle a servizio delle infrastrutture di trasporto sono idealmente progettate per assicurare la loro funzione economica attraverso la loro vita utile (o tempo d’esercizio) in conformità a date richieste e definiti criteri d’accettazione. Questi ultimi sono tipicamente connessi alla sicurezza degli utenti e ai rischi per l’ambiente.
I processi di degrado però saranno sempre presenti in qualche modo e misura e pur in dipendenza dalla strategia progettuale adottata, in termini di livelli di degrado accettati e di misure protettive convenientemente adottate, saranno sempre in grado di ridurre la capacità del sistema strutturale in questione al di sotto di quanto ritenuto accettabile.
Per assicurare che i criteri d’accettazione siano sempre rispettati lungo la vita utile dell’opera, ovvero il “mantenimento” della piena funzionalità dell’opera, può essere necessario controllare lo sviluppo del degrado ai fini di valutare l’opportunità di intervenire eseguendo azioni protettive o di riparazione.
Considerazioni di questo tipo hanno condotto ad un cambio di prospettiva anche nella strategia progettuale di strutture nuove (si pensi ai gusci per mezzi navali o aeromobili, o alle strutture off-shore) che è passata dalla nozione di durata della sicurezza contro il “collasso” per tutta la vita ipotizzata, a quella della tolleranza di un certo livello di danno, quando la sicurezza sia garantita attraverso opportune modalità d’ispezione e controllo.
Una struttura può dirsi “tollerante al danneggiamento” se il danno può avere su di essa un’evoluzione ragionevole, così che lo stesso possa essere rilevato durante ispezioni programmate (di routine) prima che si verifichi una rottura, o peggio un collasso.
L’esperienza dei decenni passati ha d’altra parte evidenziato come vincoli di natura economica abbiano indotto, o tendano ad indurre, molti manager, delegati alla gestione del patrimonio infrastrutturale, ad impiegare le strutture di competenza oltre i termini di vita utile considerati inizialmente nei progetti delle stesse opere.
Estendere la vita utile di strutture in fase di invecchiamento avanzato ha come conseguenza la necessità di estendere sempre più l’attività di individuazione del danneggiamento e conseguentemente della sua riparazione, a prescindere dai criteri originali di sicurezza previsti all’origine nel progetto (e che in effetti possono anche mutare nel tempo, ad esempio per variazioni normative).
Va da sé quindi che la conservazione di opere molto datate dovrebbe determinare un’intensificazione delle ispezioni, che a sua volta dovrebbe, o potrebbe, portare a più frequenti azioni di riparazione, soprattutto laddove la rimozione delle strutture più datate risulti inaccettabile per gestori o proprietari dell’infrastruttura. È altresì ancor più evidente come l’inerzia nell’azione di rilevamento/riparazione possa determinare su strutture molto datate situazioni di pericolo, che rapidamente possono evolvere verso il collasso. Il binomio sicurezza-ispezione (controllo) dovrebbe diventare la filosofia della sicurezza da adottare nella progettazione (piani di manutenzione) e conseguentemente nella gestione delle opere d’arte.
La frequenza del controllo può oggi essere fortemente incrementata grazie all’installazione di dispositivi automatici di monitoraggio che si appoggiano a reti di sensori sempre più performanti. È certamente possibile e più facilmente realizzabile prevedere tali dispositivi fin dalla fase di progettazione di un nuovo manufatto; tuttavia, per quanto appena evidenziato appare ancor più utile poter disporre, come avviene, di dispositivi in grado di essere facilmente installati su opere esistenti da sorvegliare.
Comunque sia, che si tratti di ispezioni visive eseguite in campo, o di valutazioni di messi di dati raccolte tramite i suddetti dispositivi, è necessaria la capacità d’interpretazione che al momento si può individuare in un tecnico adeguatamente formato, ma non si esclude che molto di tale processo interpretativo possa essere svolto per via informatica con tecniche di intelligenza artificiale. In ogni caso per assicurare la sicurezza tramite ispezioni, sia che si tratti di ispezioni visive, che di monitoraggio, occorre identificare cosa ispezionare, come e dove farlo e quanto spesso.
Con l’eccezione del monitoraggio che indubbiamente può comportare qualche vincolo solo in fase di installazione del dispositivo, si deve poi considerare che anche le ispezioni possono determinare un disturbo, seppur limitato, all’uso ordinario dell’infrastruttura e per tale ragione vanno adeguatamente pianificate.
Tuttavia, anche in presenza di monitoraggio in continuo e attendibilmente in conseguenza di valutazioni dei dati da questo ottenuti, si ritiene imprescindibile considerare come opportuna l’esecuzione di qualche ispezione visiva durante la vita della struttura.
La “manutenzione” può essere definita come un insieme di attività economicamente bilanciate a livello dei componenti della struttura, con lo scopo di mantenerla in una condizione che la rende idonea ad esplicare la sua funzione in un definito periodo di tempo con un livello sufficiente di affidabilità, disponibilità, praticità, durabilità ed estetica. Il periodo di tempo è l’intervallo tra due ispezioni e può in teoria estendersi all’intera vita utile della struttura.
“La manutenzione è un insieme di attività economicamente bilanciate allo scopo di mantenere un’infrastruttura idonea ad esplicare efficacemente la sua funzione”
Con riferimento alla definizione appena data il concetto di manutenzione comprende quindi tutta l’attività che parte dal processo ispettivo di individuazione del danneggiamento e della sua misurazione (danno), prosegue con le valutazioni conseguenti riguardo alla sicurezza e termina con la definizione e realizzazione delle azioni correttive del danno, ovvero con la riparazione.
A corollario si osserva come questo processo induca in generale di per sé una correzione sul “programma ispettivo” per quanto attiene le prevedibili successive attività di manutenzione.
La “manutenibilità” è invece rappresentata dall’insieme degli accorgimenti che vengono introdotti in un progetto per favorire la manutenzione, sia in fase ispettiva (ad esempio in un ponte rendendo facile l’accesso a determinati dettagli sensibili), sia di riparazione (prevedendo facile smontaggio di parti e procedure specifiche per la loro sostituzione, come ad esempio per la sostituzione dei cavi su ponti sospesi o strallati).
L’azione di manutenzione può prevedere la costituzione di tali accorgimenti per favorire successive azioni manutentive laddove le strutture su cui si va ad operare ne risultassero scarsamente provviste, naturalmente sempre nella cornice di un quadro economico bilanciato.
Sebbene come detto la manutenzione si focalizzi su elementi o gruppi specifici di elementi, si osserva ancora come essa dovrebbe comunque sempre dipendere anche dalla sensibilità della struttura alla rottura degli elementi stessi, ovvero dalle conseguenze che tale rottura può determinare sulla funzionalità dell’opera.
Focalizzando lo sguardo sulla specificità dei ponti, si possono distinguere due principali strategie manutentive: la manutenzione preventiva e la manutenzione correttiva.
Quest’ultima comporta che nessuna azione viene intrapresa fintanto che un danneggiamento non risulta osservato. Essa è adottabile laddove la rottura del componente non sia critica e la sua sostituzione prima della rottura non appare conveniente.
Quindi si attende la rottura dell’elemento che nel caso verrà sostituito o riparato.
Questo tipo di manutenzione condurrà in generale a pochi costi nel breve tempo ma crescenti con quest’ultimo, inoltre si produrranno costi indiretti, attesa l’imprevedibilità del collasso accettabile dell’elemento in questione, legati al disturbo non programmato alla funzionalità dell’opera conseguente alle attività di riparazione.
Nella manutenzione preventiva, azioni opportune sono svolte regolarmente secondo un piano ed un programma manutentivo. A seconda della sua intensità una tale strategia può anche condurre a costi alti ma riduce notevolmente il rischio di fuori-servizio della struttura; essa può essere “sistematica” o “condizionale”.
Una manutenzione preventiva sistematica prevede un programma di sostituzione o riparazione ottimizzato allo scopo di minimizzare il costo globale (costi diretti + indiretti) delle manutenzioni durante la vita utile convenzionale della struttura; ad esempio, appartiene a questa categoria la pulizia periodica del sistema scolante dei ponti.
La manutenzione preventiva condizionale prevede invece uno specifico programma di ispezioni (in genere abbastanza fitto) in conseguenza delle quali i componenti ispezionati possono o non possono essere soggetti ad un’azione di riparazione/sostituzione.
Questa strategia si presta bene alle situazioni in cui i costi di una rottura sono alti e l’insieme dei costi di ispezione e riparazione/sostituzione sono in confronto significativamente più bassi.
In quest’ultimo caso diviene determinante la definizione di un programma corretto d’ispezione possibilmente ottimizzato, che è connesso alla prevedibile durata del componente da ispezionare, durata che è condizionata dalla dispersione dei dati relativi all’uso del manufatto, alle condizioni di innesco del danno, alla sua evoluzione in base all’uso del manufatto, alle ispezioni in relazioni all’uso nel tempo, al rilevamento probabilistico del danno, al livello di danno tollerabile.
Per la definizione di leggi matematiche che colleghino gli elementi suddetti, al fine di definire l’evoluzione della sicurezza nel tempo di vita delle strutture, si sono spese nei decenni passati molte attività di ricerca; si comprende allora come sistemi di monitoraggio in continuo di parametri differenti, quali carichi transitanti, livelli tensionali e deformativi, temperatura ed altro e procedure che consentano di immagazzinare e trattare tali grandi quantità di dati, possano dare un notevole contributo sperimentale in tale direzione.
Si auspica la messa a disposizione nel breve, agli studiosi dei fenomeni in questione, di tali dati con strumenti adeguati al loro trattamento.
Roberto Zanon – Nato a Padova nel 1962, si è laureato nell’Università della stessa città nel 1987, specializzandosi in Ingegneria Civile Indirizzo Strutture. Dopo il servizio come Ufficiale dell’Arma del Genio, si è occupato di numerosi progetti nell’ambito delle infrastrutture per i trasporti, curando gli aspetti connessi alle opere d’arte e alla loro interazione col contesto, affiancando attività didattica specifica in collaborazione con la locale Università. Collabora con Net Engineering dal 2002.